domenica 21 agosto 2011

SE FOSSE CHE ...

MONTEMARCIANO 3/2011
Se fosse che …
“l’Italia s’é desta”? così sembrerebbe dopo i risultati delle elezioni amministrative e dei referendum. Le scelte dei cittadini hanno confermato quanto ormai sia grande la distanza tra le decisioni di questo governo e le loro aspettative. Se a Napoli il neo sindaco De Magistris ha surclassato il candidato della destra che godeva del totale appoggio del Presidente del Consiglio, il vero ed eclatante botto negativo questa maggioranza lo ha avuto a Milano proprio perché come ha scritto Libero, giornale di proprietà Berlusconi, “come ha spesso ripetuto il Cavaliere, questo voto era prima un referendum sul governo e solo poi un test amministrativo”. Berlusconi nella sua Milano cuore del suo immenso potere economico, finanziario e sportivo ha voluto il suo nome come capolista a sostegno della Moratti. Lo stesso giornale ricorda le sue richieste agli elettori “ datemi 53 mila preferenze altrimenti la sinistra mi farà il funerale”. Ne ha ottenute 27 mila, la metà di quelle ricevute nelle amministrative del 2006. Altroché effetto traino! Il personaggio, come suo solito, anche a fronte di un disastro personale non conosce momenti di riflessione critica e quindi addossa ogni responsabilità agli altri definendoli candidati deboli. La sua filosofia è sempre uguale :“ vinco solo io, perdete solo voi”.
I risultati referendari sono stati l’ulteriore conferma che le decisioni di questa maggioranza sono prese per soddisfare solo pochi ed interessati soggetti. Hanno fatto di tutto prima per non farli svolgere, poi per boicottarli ( sperperando circa 400 milioni di euro per non accorparli alle amministrative e sollecitando i cittadini a non andare alle urne per non far raggiungere il quorum). Ancora non soddisfatto il governo Berlusconi ha anche “sbagliato” sul voto degli italiani all’estero. Gli italiani però hanno finalmente deciso di partecipare e le norme sono state abrogate. Naturalmente un governo serio avrebbe dovuto trarne tutte la conseguenze.
Errare è umano perseverare è diabolico. Quindi incurante di tutto quello che era accaduto, pur di salvaguardare il capo, qualcuno aveva camuffato nelle norme della manovra correttiva dei conti pubblici un piccolo comma per impedire l’immediata eseguibilità di una sentenza che condannava il gruppo imprenditoriale del Presidente del Consiglio a risarcire, dopo un processo civile durato 20 anni, il gruppo CIR per la vicenda Mondadori. Solo dopo vibrate proteste ed autorevoli rilievi il comma è stato ritirato. Siccome tutti hanno negato di essere a conoscenza del predetto comma, in primis il diretto beneficiario, viene da pensare che ad inserirlo sia stato un extraterrestre naturalmente di sinistra e magistrato. La verità è che dopo averci descritto per anni un paese che non c è, il castello di bugie di questo governo di destra è miseramente crollato perché la verità è emersa in tutta la sua drammaticità: è stato indispensabile varare una manovra economica correttiva di 80 miliardi di euro( circa 160 mila miliardi di lire !!!) per non portare l’Italia al fallimento. Il costo di questo salasso cadrà naturalmente sulle spalle dei meno abbienti e del cosiddetto ceto medio. Le metteranno le mani in tasca ai cittadini, altroché se le metteranno! Il grande statista che “ tutto il mondo ci invidia”, mentre la borsa crollava, il Cancelliere tedesco ci elargiva consigli e il Presidente Napolitano faceva da tutor ad un governo fantasma è stato il grande assente perché, come molti hanno ipotizzato, era troppo impegnato a risolvere con figli ed avvocati le sue vicende personali (questo già accade dal 1994 quando appena insediato fece subito modificare la legge sul falso in bilancio). In questa situazione a volte cantando o ascoltando “ l’Italia s’è desta” mi sovviene l’immagine del volto di Goffredo Mameli, morto a 22 anni per difendere la Repubblica Romana del 1849, che accennando un sorriso mi conforta e mi conferma che qualcosa sta cambiando.

Alessandro D’Alessandro cons. comunale




CONTRO IL TRUCCO

MONTEMARCIANO 2/2011

CONTRO IL TRUCCO

Il 12 e 13 giugno si svolgeranno i referendum e saremo chiamati alle urne per decidere sui quattro quesiti oggetto della consultazione. Il referendum è lo strumento di democrazia diretta con il quale il popolo può esercitare direttamente la propria sovranità sancita dall'.art 1 della Costituzione, articolo che la destra vorrebbe cambiare.
Questo governo ha fatto e farà di tutto per far fallire questi referendum perché teme che i cittadini votando SI smentiscano le sue scelte che sono finalizzate come sempre a favorire poche persone( Presidente del Consiglio e ministri con il legittimo impedimento) o pochi gruppi industriali con la privatizzazione delle acque e la costruzione delle centrali nucleari.
Il ministro Maroni, leghista, che come i suoi sodali inveisce contro gli sprechi del palazzo, dove la Lega si è ben posizionata acquisendo potere e clientele, non ha voluto accorpare referendum ed elezioni amministrative, anche se questo costerà ai cittadini 400 milioni di euro in più, perché non vuole che si raggiunga il quorum necessario alla validità dei referendum cioè il 50% più uno degli aventi diritto
E' proprio un vero governo liberale! La cosa più strana è che questa volontà popolare viene invocata da Berlusconi a sua difesa quando attacca la Magistratura che lo inquisisce per reati non ministeriali, ma poi si tenta in ogni modo, anche con bugie e trucchi di non farla esplicitare. Per esempio per non far svolgere il referendum sul nucleare prima si sono inventati una moratoria di un anno per riflettere poi, preoccupati dai sondaggi, hanno proposto un emendamento al decreto legge omnibus, inserendo nell'articolo l' “abrogazione di disposizioni relative alla realizzazione di nuovi impianti nucleari”. In realtà non si tratta di un vero ripensamento sul nucleare visto che nello stesso emendamento si chiarisce che una strategia energetica nazionale verrà definita ad un anno dall'entrata in vigore dal decreto omnibus. Bugie ed ancora bugie.
Il nucleare come ha poi confermato lo stesso Presidente del Consiglio durante la visita del Presidente francese Sarkozy resta nell'agenda governativa. Sul nucleare riportiamo le ragioni di contrarietà espresse anche da ITALIA NOSTRA. “ Sulla sicurezza parla da sola Fukushima e i numerosi incidenti accaduti nel mondo in questi anni.
Sulla presunta convenienza di questa fonte sono più eloquenti i preventivi al rialzo delle due centrali EPR di Flammaville (Francia) e Olkiluoto (Finlandia), passati da 2,5 miliardi di euro agli attuali 5 miliardi, con ritardi di più di un biennio nella loro realizzazione per gravi inadeguatezze tecniche. Le centrali EPR da 1.600 MW sono giganteschi “bidoni” che non vuole più nessuno: gli Emirati Arabi hanno da poco tempo stracciato un contratto che prevedeva la loro costruzione, mentre fino al 2009 le Agenzie per la sicurezza francese, britannica e finlandese hanno sollevato gravi dubbi sulla loro sbandierata sicurezza intrinseca.
Quanto al problema della scorie radioattive,l'Ispra informa nell'ultimo “Inventario nazionale” che abbiamo ancora in Italia 8omila metri cubi radioattivi da smaltire, da destinarsi a un Deposito unico nazionale sotterraneo che nessuno vuole.”
Se vogliamo far saltare il governo del trucco, il 12 e 13 giugno dobbiamo non andare al mare come vorrebbero ma recarci alle urne per impedire che la strategia del boicottaggio adottata da questa compagine governativa abbia successo. Se vogliamo che la gestione dell'acqua rimanga pubblica, che le sue tariffe non siano legate ad una pura logica di profitto (l'acqua è un bene essenziale) che la legge sia uguale per tutti (legittimo impedimento) e che non si riprenda la scelta nucleare dobbiamo votare quattro volte SI.
Ricordiamo che per il business dell'acqua si calcola che nei prossimi 30 anni in questo settore ci saranno oltre 64 miliardi di euro di investimenti e questo fa capire anche il perché costruttori e gestori lo temono.

Alessandro D’Alessandro cons. com.

venerdì 19 agosto 2011

FRATELLI D'ITALIA

MONTEMARCIANO 1/2011

FRATELLI D'ITALIA
“ Noi siamo da secoli calpesti,derisi, perchè non siam popolo,perchè siam divisi. Uniscaci un'unica bandiera, una speme: di fonderci insieme già l'ora suonò”. Ecco racchiusa in questa strofa de” Il canto degli Italiani” tutta la passione per realizzare la grande idea politica ed ideale del Risorgimento: dar vita ad un grande Stato Nazionale Unitario, dare un'unica voce al Popolo Italiano e rinnovare profondamente l'Italia. Diverse furono le soluzioni prospettate ma unico l'obiettivo.
Il Risorgimento rappresenta per noi italiani una parte fondamentale della nostra storia perchè più di altri avvenimenti unisce passato ed avvenire e contrariamente a quanti vogliono scientemente minimizzarne il valore riducendolo solo ad avvenimenti esteriori (battaglie, plebisciti ecc) ha espresso un grande sentimento nazionale, popolare, spirituale.
Tutti gli artefici hanno inteso per Risorgimento d'Italia un processo SPIRITUALE, una trasformazione profonda e completa della vita degli italiani, una affermazione di autonomia nazionale ed individuale.
Lo stesso termine Risorgimento esclude un significato puramente statale-territoriale perchè parla di qualcosa che già c'è stata, che ha cessato temporaneamente di essere e che poi torna ad essere. Prima dello Stato unitario italiano esisteva da secoli un POPOLO ITALIANO.
Quando, nel 1860, ormai l'unità italiana si sta orientando verso la scelta monarchica-moderata Mazzini valuta impietosamente questa nuova Italia come una casa senza mobilio e raccoglie ne “ I Doveri dell'Uomo”una serie di articoli perchè sente l'esigenza di riepilogare il suo messaggio politico repubblicano. Per fare ciò decide di rivolgersi agli operai italiani in cui riconosce il solo elemento rivoluzionario capace di raccogliere tale messaggio e di portarlo avanti.
A 150 anni di distanza, quell'elemento rivoluzionario, da cui dovrebbe scaturire il cambiamento della società, è rappresentato dai giovani che sono i deboli dell'Italia di oggi, il proletariato del XXI secolo. L'etica del DOVERE ( quant'è distante questo concetto dall'attuale sensibilità!), è la scelta originale che distingue Mazzini ed in essa risiede la possibilità di un riscatto dall'impoverimento e dalla dittatura dell'effimero. La rivoluzione francese aveva purtroppo portato nei fatti ad affermare soltanto i diritti di una minoranza senza garantire il benessere del popolo che era senza mezzi per poterli esercitare. Il DOVERE, invece, è un atto positivo in se' e per se', indica il fare ed il giovare, non il semplice non fare e non nuocere.
Questi sono giorni di grande festa e vedere i cittadini di Montemarciano che hanno partecipato numerosissimi ed emozionati al Consiglio comunale in teatro e alle manifestazioni è stato certamente gratificante. Dobbiamo pero' pensare in modo mazziniano e repubblicano di “ amare la Patria perchè si amano tutte le Patrie” e non confondere l'idea di Nazione con l'idea reazionaria e militaresca di Nazionalismo che per Mazzini è “ una parodia di ciò che il santo nome di nazionalità suona oggi per noi”.
Un pensiero particolare in questi giorni di festeggiamenti ci sentiamo di rivolgere a tre grandi Presidenti della Repubblica: Oscar Luigi Scalfaro, Carlo Azeglio Ciampi e Giorgio Napolitano che seppur provenienti da formazioni politiche diverse, hanno saputo con intelligenza, cultura e senso del dovere, nel rispetto della nostra Costituzione, far mantenere la giusta rotta. Non è stato e non è semplice.
Nei festeggiamenti di Montemarciano un ruolo particolarmente importante ha avuto la scuola pubblica. Alunni compiti e gioiosi ed insegnanti si sono attivati con grande impegno e capacità ed hanno dimostrato ancora una volta che è la scuola il vero centro motore per avviare alla conoscenza ed alla formazione della coscienza civile i cittadini di domani.

Alessandro D'Alessandro
consigliere comunale
www.repubblicanieuropei-montemarciano.it

venerdì 18 marzo 2011

NOI CREDEVAMO

NOI CREDEVAMO
Il Consiglio comunale ha approvato un nostro o.d.g. per la costituzione di un comitato che definisca le iniziative per festeggiare i 150 anni della nostra amata Italia.
Come si legge nel documento proprio per “… riaffermare il PATTO di UNITA’ NAZIONALE che alcune forze politiche stanno pervicacemente tentando di rompere, …( il comitato) dovrà promuovere iniziative finalizzate alla diffusione non oleografica degli avvenimenti del Risorgimento italiano ed alla conoscenza e valorizzazione di fatti e personaggi di Montemarciano come ad es. il nostro concittadino Pacifico Sabbatini junior, fervente repubblicano e mazziniano, che partecipò a tutti i moti dell’indipendenza italiana”.
Nel 1860 la formazione dello stato nazionale unitario fu una tappa necessaria, praticamente senza credibili alternative, per agganciare il treno della moderna civiltà europea.
Se poi nel corso di questi 150 anni inadeguate o sbagliate si sono rivelate alcune delle vie percorse le responsabilità non sono certamente da ascrivere a Mazzini ed alla sua epoca. Nell’insegnamento di Ugo La Malfa ci siamo sempre impegnati per la realizzazione dell’ “ ALTRA ITALIA”, quella che avrebbe valicato le Alpi per diventare un vero Stato democratico europeo perché …
Noi credevamo che con la istituzione della Repubblica avremmo avuto uno Stato autenticamente repubblicano
Noi credevamo che dopo avere unito un’Italia fatta di staterelli con tanti morti e fatica e battaglie proprio nessuno avrebbe pensato di ridividerla
Noi credevamo che l’energia pulita non fosse eliminare splendide colline colorate per ricoprirle di orribili pannelli solari di plastica nera
Noi credevamo che la giustizia fosse “quasi” sempre uguale per tutti
Noi credevamo in un progresso economico e culturale dei cittadini
Noi credevamo di non essere solo consumatori
Noi credevamo che un televisore acquistato oggi non fosse già vecchio domani
Noi cedevamo che prima o poi i cinepanettoni sarebbero rimasti senza pubblico
Noi credevamo che l’uguaglianza dei cittadini sarebbe passata anche attraverso la condanna degli autori delle stragi di stato
Noi credevamo che la democrazia fosse una “cosa” faticosa e seria
Noi credevamo che essere moderati fosse anche un modo di vivere
Noi credevamo che oltre un certo limite anche le persone più accondiscendenti avrebbero detto adesso basta
Noi credevamo che come dice la canzone “ fosse gloria e non delitto per i deboli lottar”
Noi credevamo che anche una persona mediamente dotata una volta eletta in Parlamento avrebbe sentito il richiamo ad una morale superiore e al bene comune
Noi credevamo che prima o poi più nessuno avrebbe detto “gnocca” per dire donna, “frocio” per dire omosessuale maschile, “baluba” per dire uomo di colore
Noi credevamo che Giovanni Falcone, Paolo Borsellino,Carlo Alberto Dalla Chiesa, Rocco Chinnici, Francesco Coco, Vittorio Occorsio, Cesare Terranova, Giacomo Ciaccio-Montalto, Rosario Angelo Livatino, Antonio Scopelliti sarebbero stati proclamati “Santi” subito
Noi credevamo che anche Ilaria Alpi, Peppino Impastato, Mauro De Mauro, Mauro Rostagno, Carlo Casalegno , Giancarlo Siani, Giovanni Spampinato, Walter Tobagi sarebbero stati proclamati “Santi” subito
Noi credevamo che i minorenni dovessero essere lasciati in pace e che anzi fosse un reato non farlo
Noi credevamo che non ci sarebbe mai capitato di sentire dalla bocca di un capo di governo di una nazione splendida e culla di una cultura antica come la nostra : “signorina lei vorrebbe trovare un lavoro ma non ci riesce? non si preoccupi è carina può sempre sposare uno ricco come mio figlio”
Noi credevamo che il termine “compravendita di parlamentari”appartenesse al filone dei film di Totò
Noi credevamo alla Giustizia Sociale
Noi credevamo di essere più svegli.
Alessandro D’Alessandro Sez. Ugo La Malfa
www.repubblicanieuropei-montemarciano.it

sabato 31 luglio 2010

RIFORMA UNIVERSITA'

COMUNICATO STAMPA
28/07/2010
SBARBATI A GELMINI QUESTA È UNA RIFORMA SOLO SULLA CARTA


Intervenedo in aula sul disegno di legge di riforma dell'università l'on. Sbarbati ha illustrato l'emendamento sull'abolizione del valore legale del titolo di studio presentato dai senatori D'Alia, Bianchi, Sbarbati e Poli Bortone e ha dichiarato: "se questo disegno di legge, che pur contiene innovazioni interessanti, intende operare un'inversione ad U rispetto alla politica dell'università di massa portata avanti da vari governi di destrae di sinistra, il suo sbocco naturale, dopo aver incentrato tutto su merito, efficienza e qualità, non poteva che essere l'abolizione del valore legale del titolo di studio. Se così non è, caro ministro, lei non ha nè coraggio, né la forza politica per portare avanti questo disegno che resta dimezzato". Inoltre ha concluso Sbarbati è squalificante che il governo continui a giocare su due tavoli: da una parte quello della riforma, dall'altra quello del possibile finanziamento della riforma che non si sa dove e quando avverrà.
E' una patente violazione della Costituzione e dimostra ancora una volta la non volontà di rimettere in piedi la nostra università che è arrivata ai livelli più bassi della scala di merito europea a differenza di quanto è avvenuto in Francia e in Germania dove i fondi per la cultura o non sono stati toccati o sono stati incrementati

martedì 6 luglio 2010

dimissioni

Brancher: "Mi dimetto, basta strumentalizzazioni". Il premier Berlusconi: "Ho condiviso la decisione"
Aldo Brancher ha annunciato nell'aula del tribunale di Milano le proprie dimissioni da ministro. Brancher ha anche rinunciato al legittimo impedimento nell'ambito del processo per la tentata scalata alla Antonveneta. Il procedimento continuerà però a porte chiuse. Dopo le dichiarazioni dell'esponente dell'esecutivo è stata diffusa una nota di Silvio Berlusconi: "Ho condiviso con Aldo Brancher la decisione di dimettersi da Ministro", afferma il premier. "Conosco e apprezzo ormai da molti anni l'on. Brancher- prosegue- e so con quanta passione e capacità avrebbe potuto ricoprire il ruolo che gli era stato affidato. La volontà di evitare il trascinarsi di polemiche ingiuste e strumentali dimostra ancora una volta la sua volontà di operare esclusivamente per il bene del Paese e non già per interessi personali. Sono certo che superato questo momento l'on. Brancher potrà, come sempre, offrire il suo fattivo contributo all'operato del Governo e alla coalizione".
Il processo prosegue a porte chiuse - Dopo la richiesta di essere giudicato con rito abbreviato, il presidente della quinta sezione del tribunale ha fatto uscire i numerosi giornalisti che erano in aula per proseguire con l'udienza. Il processo a questo punto verrà celebrato allo stato degli atti, cioé in base alle carte del fascicolo processuale, e proseguirà il 28 luglio, data in cui potrebbe arrivare già la sentenza. E' stata invece stralciata la posizione della moglie di Brancher, Luana Maniezzo, fino ad oggi contumace che verrà giudicata con il rito ordinario. Brancher è poi uscito dall'aula da un ingresso secondario sfuggendo così ai molti giornalisti che lo attendevano. Era accompagnato da due uomini che hanno detto di essere suoi vecchi amici.
L'ex ministro, in tribunale a Milano, ha detto di essersi presentato in aula per difendere la sua innocenza e ha spiegato ai giudici di aver fatto una scelta "prima di tutto nel rispetto dalla mia famiglia e anche perché finiscano le strumentalizzazioni e le speculazioni". E' questo un passaggio delle dichiarazioni spontanee rese davanti al giudice della quinta sezione penale, Anna Maria Gatto, dell'ormai ex ministro Brancher che alla ripresa del processo per il tentativo della scalata ad Antonveneta, in cui è imputato insieme alla moglie, ha anche preannunciato le sue dimissioni da ministro.
Brancher nel comunicare di aver rinunciato al legittimo impedimento ha detto: "pensavo di dover privilegiare per un breve periodo gli obblighi verso il mio Paese ma siccome questa scelta è stata indebitamente strumentalizzata ho fatto diverse scelte: prima di tutto nel rispetto della mia famiglia e poi anche perché finiscano le strumentalizzazioni e speculazioni". Poi ha confermato la rinuncia al legittimo impedimento già annunciata dai suoi legali, le dimissioni da ministro e la scelta del rito abbreviato incondizionato.
In questo modo sono state confermate le voci che si erano diffuse in questi giorni sulle imminenti dimissioni del neoministro. Dimissioni maturate a seguito di un incontro chiarificatore con il premier Berlusconi. Il sacrificio di Brancher sarebbe il primo atto di un riordino del Pdl di cui Berlusconi aveva parlato la scorsa settimana.
Come si ricorderà Brancher, una volta vestiti i panni di ministro, aveva presentato istanza di legittimo impedimento al processo di Milano sull’Antonveneta, suscitando innumerevoli polemiche. Dura era stata anche la nota del Presidente Napolitano, che aveva sottolineato come il neoministro “non ha legittimi impedimenti perché un ministero senza portafoglio non ha nulla da organizzare”. Giallo, poi, sulle deleghe 5: mai pubblicate in gazzetta ufficiale.

05 luglio 2010

giovedì 20 maggio 2010

ddl intercettazioni

Ddl intercettazioni: via l'emendamento che raddoppia le pene ai giornalisti. Sky annuncia ricorso alla Corte Ue
Passo indietro del Pdl sulle pene previste dal ddl intercettazioni: "Vengo da una riunione con il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, e Niccolò Ghedini nella quale, ovviamente con l'accordo del presidente Berlusconi si è deciso di ritirare l'emendamento 1.2008 del relatore che prevede un raddoppio delle pene per i giornalisti che pubblicano arbitrariamente atti di un procedimento penale". Lo ha detto il relatore del provvedimento sulle intercettazioni, Roberto Centaro, confermando a Sky Tg24 l'orientamento emerso nella giornata di ieri in commissione. Lunedì riprenderà il dibattito sul ddl in commissione al Senato.
Via il raddoppio della pena - Dopo la minaccia di uno sciopero dei giornalisti e le annunciate proteste del popolo della Rete e di varie associazioni di consumatori, la giornata politica odierna registra la retromarcia del governo e della maggioranza su uno degli emendamenti più contestati. . Si tratta di una modifica al testo del ddl che, rispetto a quello varato dalla Camera, prevedeva per i giornalisti in caso di pubblicazione di atti vietati l'arresto fino a due mesi o il pagamento di un'ammenda dai 2.000 ai 10.000 euro. Qualora fossero pubblicate delle intercettazioni, la condanna prevista era sempre l'arresto fino a due mesi, ma con l'aggiunta di una ammenda dai 4.000 ai 20.000 euro. Stesse pene anche per chi pubblicava la foto o il nome del magistrato titolare del procedimento.
Casson (Pd): rimane l’arresto - "Se verrà confermata questa indicazione si può parlare di un primo passo importante che pero non risolve il problema" perché ad esempio, la sanzione dell'arresto rimane e spero che maggioranza e governo condividano la necessità di eliminarla". Il vicepresidente dei senatori del Pd, Felice Casson, ospite di Sky Tg24 pomeriggio, commenta l'annuncio del relatore Roberto Centaro (Pdl), anche lui ospite del programma, della volontà di ritirare l'emendamento che introduce sanzioni contro i giornalisti nel ddl intercettazioni.
De Magistris: resta solo la piazza pacifica - "L'unica posizione di buon senso in merito al ddl intercettazioni è quella che ne chiede la soppressione. Qualsiasi miglioramento, effettivo o presunto, non servirà a rendere questo provvedimento meno funesto per la lotta alla criminalità oltre che per l'informazione". Lo afferma in una nota Luigi de Magistris, eurodeputato IdV spiegando che "se per fermare il Governo non bastano l'opposizione politica e gli appelli della magistratura e del mondo della comunicazione, allora l'unica possibilità è che la società civile scenda pacificamente in piazza, come farà domani davanti a Montecitorio, per ostacolare la deriva criminogena di questo carrozzone che siede a Palazzo Chigi e che, con sfrontatezza, qualcuno ancora osa considerare un esecutivo democratico".
Sky: "Ricorreremo a tutte le autorità Ue" - Sky Italia chiederà un intervento a tutte le Autorità internazionali competenti, anche ricorrendo presso la Corte europea dei diritti dell'Uomo contro il disegno di legge sulle intercettazioni che "accoglie con grande preoccupazione". Per Sky queste norme "rappresentano un grave attacco alla libertà di stampa e di espressione, ma soprattutto costituirebbero una grande anomalia a livello europeo".
No al bavaglio: il popolo Rete torna in piazza - L’idea di un mese di galera anziché due non piace a chi ha sempre contestato l’essenza censoria della norma. No “alla riforma delle intercettazioni che mette il bavaglio alla stampa e le manette alla magistratura licenziata dalla Commissione Giustizia del Senato''. Il “popolo delle rete” torna in piazza con sit-in e speakers corner contro le nuove norme sulle intercettazioni, all'esame del Senato. L'appuntamento è per venderdì dalle 14 davanti a Montecitorio: "I cittadini italiani non vogliono la censura che scaturirebbe da questa norma. Parmalat, i fatti di Genova e tante altre inchieste esplose in questi anni sarebbero passate senza nessuna informazione se il ddl intercettazioni fosse già stato in vigore", denunciano gli organizzatori "Ma soprattutto per noi - popolo della rete - con le nuove norme verrebbe di fatto impedito di diffondere le libere informazioni come facciamo da quando abbiamo scoperto che il web é anche uno spazio di libera circolazione delle notizie".
Le firme all’appello - All'appello contro la "legge bavaglio" sulle intercettazioni hanno già aderito quasi 120.000 persone, gruppi, sindacati e associazioni e hanno dato il loro sostegno i costituzionalisti Valerio Onida, Gaetano Azzariti, Lorenza Carlassare, Mario Dogliani, i giornalisti Marco Travaglio, Peter Gomez, editori come Giuseppe Laterza e Lorenzo Fazio di Chiarelettere, le associazioni Articolo 21, Free Hardware Foundation, Il Popolo Viola, Valigia Blu, Festival Internazionale del Giornalismo, i sindacati Usigrai, Unione degli Studenti, e poi Current Tv, Wikimedia Italia, Boicotta il Biscione e tantissimi altri.
"Sfiducia nella magistratura" - "Il ddl sulle intercettazioni è una limitazione pesantissima che rivela tutta la sfiducia nell'operato della magistratura". Lo sostiene Rita Sanlorenzo, segretario di Magistratura Democratica, la corrente di sinistra delle toghe. Sanlorenzo fa notare che "dubbi di costituzionalità sul provvedimento sono stati sollevati da giuristi autorevoli e osservatori attenti ed imparziali". E si dice convinta che "il capo dello Stato saprà far tesoro di queste osservazioni. Però sarebbe bene - aggiunge - che anche chi promulga prestasse attenzione a questi rilievi, perché così si delegittima la funzione legislativa". La leader di Md sottolinea che le intercettazioni sono "uno strumento irrinunciabile" per la magistratura: "limitiamolo diversamente - è il suo auspicio - ma non ponendolo al di fuori dell'agibilità di chi vuole accertare la verità". Il giudizio è negativo anche sulle norme che colpiscono l'informazione
20 maggio 2010