sabato 31 luglio 2010

RIFORMA UNIVERSITA'

COMUNICATO STAMPA
28/07/2010
SBARBATI A GELMINI QUESTA È UNA RIFORMA SOLO SULLA CARTA


Intervenedo in aula sul disegno di legge di riforma dell'università l'on. Sbarbati ha illustrato l'emendamento sull'abolizione del valore legale del titolo di studio presentato dai senatori D'Alia, Bianchi, Sbarbati e Poli Bortone e ha dichiarato: "se questo disegno di legge, che pur contiene innovazioni interessanti, intende operare un'inversione ad U rispetto alla politica dell'università di massa portata avanti da vari governi di destrae di sinistra, il suo sbocco naturale, dopo aver incentrato tutto su merito, efficienza e qualità, non poteva che essere l'abolizione del valore legale del titolo di studio. Se così non è, caro ministro, lei non ha nè coraggio, né la forza politica per portare avanti questo disegno che resta dimezzato". Inoltre ha concluso Sbarbati è squalificante che il governo continui a giocare su due tavoli: da una parte quello della riforma, dall'altra quello del possibile finanziamento della riforma che non si sa dove e quando avverrà.
E' una patente violazione della Costituzione e dimostra ancora una volta la non volontà di rimettere in piedi la nostra università che è arrivata ai livelli più bassi della scala di merito europea a differenza di quanto è avvenuto in Francia e in Germania dove i fondi per la cultura o non sono stati toccati o sono stati incrementati

martedì 6 luglio 2010

dimissioni

Brancher: "Mi dimetto, basta strumentalizzazioni". Il premier Berlusconi: "Ho condiviso la decisione"
Aldo Brancher ha annunciato nell'aula del tribunale di Milano le proprie dimissioni da ministro. Brancher ha anche rinunciato al legittimo impedimento nell'ambito del processo per la tentata scalata alla Antonveneta. Il procedimento continuerà però a porte chiuse. Dopo le dichiarazioni dell'esponente dell'esecutivo è stata diffusa una nota di Silvio Berlusconi: "Ho condiviso con Aldo Brancher la decisione di dimettersi da Ministro", afferma il premier. "Conosco e apprezzo ormai da molti anni l'on. Brancher- prosegue- e so con quanta passione e capacità avrebbe potuto ricoprire il ruolo che gli era stato affidato. La volontà di evitare il trascinarsi di polemiche ingiuste e strumentali dimostra ancora una volta la sua volontà di operare esclusivamente per il bene del Paese e non già per interessi personali. Sono certo che superato questo momento l'on. Brancher potrà, come sempre, offrire il suo fattivo contributo all'operato del Governo e alla coalizione".
Il processo prosegue a porte chiuse - Dopo la richiesta di essere giudicato con rito abbreviato, il presidente della quinta sezione del tribunale ha fatto uscire i numerosi giornalisti che erano in aula per proseguire con l'udienza. Il processo a questo punto verrà celebrato allo stato degli atti, cioé in base alle carte del fascicolo processuale, e proseguirà il 28 luglio, data in cui potrebbe arrivare già la sentenza. E' stata invece stralciata la posizione della moglie di Brancher, Luana Maniezzo, fino ad oggi contumace che verrà giudicata con il rito ordinario. Brancher è poi uscito dall'aula da un ingresso secondario sfuggendo così ai molti giornalisti che lo attendevano. Era accompagnato da due uomini che hanno detto di essere suoi vecchi amici.
L'ex ministro, in tribunale a Milano, ha detto di essersi presentato in aula per difendere la sua innocenza e ha spiegato ai giudici di aver fatto una scelta "prima di tutto nel rispetto dalla mia famiglia e anche perché finiscano le strumentalizzazioni e le speculazioni". E' questo un passaggio delle dichiarazioni spontanee rese davanti al giudice della quinta sezione penale, Anna Maria Gatto, dell'ormai ex ministro Brancher che alla ripresa del processo per il tentativo della scalata ad Antonveneta, in cui è imputato insieme alla moglie, ha anche preannunciato le sue dimissioni da ministro.
Brancher nel comunicare di aver rinunciato al legittimo impedimento ha detto: "pensavo di dover privilegiare per un breve periodo gli obblighi verso il mio Paese ma siccome questa scelta è stata indebitamente strumentalizzata ho fatto diverse scelte: prima di tutto nel rispetto della mia famiglia e poi anche perché finiscano le strumentalizzazioni e speculazioni". Poi ha confermato la rinuncia al legittimo impedimento già annunciata dai suoi legali, le dimissioni da ministro e la scelta del rito abbreviato incondizionato.
In questo modo sono state confermate le voci che si erano diffuse in questi giorni sulle imminenti dimissioni del neoministro. Dimissioni maturate a seguito di un incontro chiarificatore con il premier Berlusconi. Il sacrificio di Brancher sarebbe il primo atto di un riordino del Pdl di cui Berlusconi aveva parlato la scorsa settimana.
Come si ricorderà Brancher, una volta vestiti i panni di ministro, aveva presentato istanza di legittimo impedimento al processo di Milano sull’Antonveneta, suscitando innumerevoli polemiche. Dura era stata anche la nota del Presidente Napolitano, che aveva sottolineato come il neoministro “non ha legittimi impedimenti perché un ministero senza portafoglio non ha nulla da organizzare”. Giallo, poi, sulle deleghe 5: mai pubblicate in gazzetta ufficiale.

05 luglio 2010

giovedì 20 maggio 2010

ddl intercettazioni

Ddl intercettazioni: via l'emendamento che raddoppia le pene ai giornalisti. Sky annuncia ricorso alla Corte Ue
Passo indietro del Pdl sulle pene previste dal ddl intercettazioni: "Vengo da una riunione con il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, e Niccolò Ghedini nella quale, ovviamente con l'accordo del presidente Berlusconi si è deciso di ritirare l'emendamento 1.2008 del relatore che prevede un raddoppio delle pene per i giornalisti che pubblicano arbitrariamente atti di un procedimento penale". Lo ha detto il relatore del provvedimento sulle intercettazioni, Roberto Centaro, confermando a Sky Tg24 l'orientamento emerso nella giornata di ieri in commissione. Lunedì riprenderà il dibattito sul ddl in commissione al Senato.
Via il raddoppio della pena - Dopo la minaccia di uno sciopero dei giornalisti e le annunciate proteste del popolo della Rete e di varie associazioni di consumatori, la giornata politica odierna registra la retromarcia del governo e della maggioranza su uno degli emendamenti più contestati. . Si tratta di una modifica al testo del ddl che, rispetto a quello varato dalla Camera, prevedeva per i giornalisti in caso di pubblicazione di atti vietati l'arresto fino a due mesi o il pagamento di un'ammenda dai 2.000 ai 10.000 euro. Qualora fossero pubblicate delle intercettazioni, la condanna prevista era sempre l'arresto fino a due mesi, ma con l'aggiunta di una ammenda dai 4.000 ai 20.000 euro. Stesse pene anche per chi pubblicava la foto o il nome del magistrato titolare del procedimento.
Casson (Pd): rimane l’arresto - "Se verrà confermata questa indicazione si può parlare di un primo passo importante che pero non risolve il problema" perché ad esempio, la sanzione dell'arresto rimane e spero che maggioranza e governo condividano la necessità di eliminarla". Il vicepresidente dei senatori del Pd, Felice Casson, ospite di Sky Tg24 pomeriggio, commenta l'annuncio del relatore Roberto Centaro (Pdl), anche lui ospite del programma, della volontà di ritirare l'emendamento che introduce sanzioni contro i giornalisti nel ddl intercettazioni.
De Magistris: resta solo la piazza pacifica - "L'unica posizione di buon senso in merito al ddl intercettazioni è quella che ne chiede la soppressione. Qualsiasi miglioramento, effettivo o presunto, non servirà a rendere questo provvedimento meno funesto per la lotta alla criminalità oltre che per l'informazione". Lo afferma in una nota Luigi de Magistris, eurodeputato IdV spiegando che "se per fermare il Governo non bastano l'opposizione politica e gli appelli della magistratura e del mondo della comunicazione, allora l'unica possibilità è che la società civile scenda pacificamente in piazza, come farà domani davanti a Montecitorio, per ostacolare la deriva criminogena di questo carrozzone che siede a Palazzo Chigi e che, con sfrontatezza, qualcuno ancora osa considerare un esecutivo democratico".
Sky: "Ricorreremo a tutte le autorità Ue" - Sky Italia chiederà un intervento a tutte le Autorità internazionali competenti, anche ricorrendo presso la Corte europea dei diritti dell'Uomo contro il disegno di legge sulle intercettazioni che "accoglie con grande preoccupazione". Per Sky queste norme "rappresentano un grave attacco alla libertà di stampa e di espressione, ma soprattutto costituirebbero una grande anomalia a livello europeo".
No al bavaglio: il popolo Rete torna in piazza - L’idea di un mese di galera anziché due non piace a chi ha sempre contestato l’essenza censoria della norma. No “alla riforma delle intercettazioni che mette il bavaglio alla stampa e le manette alla magistratura licenziata dalla Commissione Giustizia del Senato''. Il “popolo delle rete” torna in piazza con sit-in e speakers corner contro le nuove norme sulle intercettazioni, all'esame del Senato. L'appuntamento è per venderdì dalle 14 davanti a Montecitorio: "I cittadini italiani non vogliono la censura che scaturirebbe da questa norma. Parmalat, i fatti di Genova e tante altre inchieste esplose in questi anni sarebbero passate senza nessuna informazione se il ddl intercettazioni fosse già stato in vigore", denunciano gli organizzatori "Ma soprattutto per noi - popolo della rete - con le nuove norme verrebbe di fatto impedito di diffondere le libere informazioni come facciamo da quando abbiamo scoperto che il web é anche uno spazio di libera circolazione delle notizie".
Le firme all’appello - All'appello contro la "legge bavaglio" sulle intercettazioni hanno già aderito quasi 120.000 persone, gruppi, sindacati e associazioni e hanno dato il loro sostegno i costituzionalisti Valerio Onida, Gaetano Azzariti, Lorenza Carlassare, Mario Dogliani, i giornalisti Marco Travaglio, Peter Gomez, editori come Giuseppe Laterza e Lorenzo Fazio di Chiarelettere, le associazioni Articolo 21, Free Hardware Foundation, Il Popolo Viola, Valigia Blu, Festival Internazionale del Giornalismo, i sindacati Usigrai, Unione degli Studenti, e poi Current Tv, Wikimedia Italia, Boicotta il Biscione e tantissimi altri.
"Sfiducia nella magistratura" - "Il ddl sulle intercettazioni è una limitazione pesantissima che rivela tutta la sfiducia nell'operato della magistratura". Lo sostiene Rita Sanlorenzo, segretario di Magistratura Democratica, la corrente di sinistra delle toghe. Sanlorenzo fa notare che "dubbi di costituzionalità sul provvedimento sono stati sollevati da giuristi autorevoli e osservatori attenti ed imparziali". E si dice convinta che "il capo dello Stato saprà far tesoro di queste osservazioni. Però sarebbe bene - aggiunge - che anche chi promulga prestasse attenzione a questi rilievi, perché così si delegittima la funzione legislativa". La leader di Md sottolinea che le intercettazioni sono "uno strumento irrinunciabile" per la magistratura: "limitiamolo diversamente - è il suo auspicio - ma non ponendolo al di fuori dell'agibilità di chi vuole accertare la verità". Il giudizio è negativo anche sulle norme che colpiscono l'informazione
20 maggio 2010

mercoledì 19 maggio 2010

Mazzini vs Craxi

Craxi al posto di Mazzini
Il re degli artisti provocatori e burloni ha colpito ancora. Lo scultore famoso per le sue provocazioni è riuscito oltre-misura nell’intento che si era prefisso: sfidare, far dibattere, far parlare di sé, creare un evento.
La provocazione è riuscita oltremisura perché sostituire il Mazzini di Carrara ha significati che su-perano l’aspetto artistico e intaccano l’essenza della storia di Carrara, quella recente e quella meno recente.
Nel ‘900 per 32 anni Carrara ha avuto sindaci repubblicani. I motti “anarchici” del 1894 vedono il 90% degli arrestati dichiararsi repubblicani. La “Giovine Italia” e lo spirito repubblicano erano già ben presente da noi prima dell’avvento del regno d’Italia. Nella storia di ogni famiglia di Carrara qualche figura di riferimento repubblicana è sempre presente.
Detto questo quindi Maurizio Cattelan chissà come si compiace del putiferio che ha scatenato, ma Carrara non può rinunciare alla propria storia solo per fare ancora più grande la fama di un artista. Oltretutto la provocazione dimentica completamente il territorio in cui si inserisce la sua opera. Chi dovesse venire a Carrara e vede la statua di Craxi se non ha seguito la polemica e se non conosce Carrara come fa a cogliere la provocazione. L’unica strada che l’Amministrazione comunale può percorrere per non incappare in una sollevazione popolare e sicuramente di tutti repubblicani di Carrara è di chiedere all’artista di ricollocare la sua opera. Da parte nostra, e in questo abbiamo già colto l’adesione dell’IdV, durante tutta la Biennale, nel festeggiare i 150 anni dell’Unità di Italia, proporremo una serie di dibattiti con la cittadinanza dai quali emerga lo sproposito dell’accostamento tra le due figure diametralmente opposte, soprattutto per il loro stile di vita e per il ruolo che hanno avuto nel nostro Paese. Mazzini ha posto le basi sin dal 1849 dell’impianto costi-tuzionale e repubblicano dell’Italia; quelle basi che la politica del malaffare legata a Craxi e al cra-xismo ha iniziato a destrutturare. Mazzini ha basato la sua vita e il suo impegno politico su valori fondamentali ai quali non è mai venuto meno; Craxi, partendo da valori in parte giusti, ha poi svuo-tato nei contenuti e nelle applicazioni pratiche quegli stessi valori. Mazzini, l’ideatore dell’unità d’Italia, d’Europa, del mondo, è sempre stato fermo e convinto sostenitore della Nazione “unica e indivisibile”; Craxi portando lo Stato alla sua crisi amministrativa e morale ha posto le premesse per la nascita di movimenti separatisti e localisti e sempre più disinteressati ai valori fondanti “il luogo dove nessun cittadino possa sentirsi straniero, la Patria”. Il pensiero mazziniano è tuttora attuale, studiato e insegnato all’estero più che in Italia. Il Craxismo rappresenta una esperienza completa-mente fallimentare e tipicamente italiana.
O l’Amministrazione di Carrara saprà dare risposta alla mancata sensibilità, o i Repubblicani Euro-pei, loro malgrado saranno costretti a prendere conseguenti decisioni.
Giorgio Giorgi
Segretario Toscano MRE

martedì 4 maggio 2010

DICHIARAZIONE sen. L. SBARBATI

SBARBATI (MRE) ESCE DAL GRUPPO DEL PD E ADERISCE AL misto UDC, SVP, IO SUD E AUTONOMIE NON PER ENTRARE COME ERRONEAMENTE SCRITTO DA QUALCHE GIORNALE E SUPERFICIALMENTE DICHIARATO DA ALCUNI ESPONENTI POLITICI, NELL'UDC, MA PER PER RECUPERARE LA SUA SOGGETTIVITA' POLITICA E LAVORARE PER LA DIFESA DELLA LIBERALDEMOCRAZIA E LA RICOMPOSIZIONE DELLA DIASPORA REPUBBLICANA, IN UN GRUPPO COMPOSITO QUAL E' QUELLO SOPRA CITATO E CHE FRA BREVE SI CHIAMERA' UDC, SVP, IO SUD, AUTONOMIE E MRE

Signor Presidente, Onorevoli Colleghi,
dopo una lunga riflessione - e un travaglio politico e personale - ho deciso di lasciare il gruppo del Partito Democratico e di iscrivermi al gruppo UDC, SVP, Io SUD, Autonomie. Questa mia decisione è stata condivisa e supportata all'unanimità dagli organi del Movimento Repubblicani Europei che ho qui l'onore di rappresentare.
La scelta del gruppo UDC, SVP, Io SUD, Autonomie non modifica la mia collocazione di schieramento, che è di ferma opposizione nei confronti di questo Governo, ma intende privilegiare - come è nella tradizione dei Repubblicani - le questioni di contenuto, e quindi valutare autonomamente nel merito e nei fatti concreti quale debba essere il giudizio sui provvedimenti che il Senato sarà chiamato a discutere.
La decisione di lasciare il gruppo del Partito Democratico viene da lontano. Nel corso di questi anni è apparso sempre più chiaro che il PD che ha voluto escludere dall'atto fondativo la componente laica repubblicana, si è risolto nell'incontro di vertice tra un'area del mondo cattolico e la vecchia tradizione marxista.
La tenaglia tra ex DS ed ex DL esclude proprio quelle culture e quella visone politica che si riassumono nella democrazia liberale e che sono alla base delle moderne società occidentali. In queste condizioni, e dopo tante e sofferte battaglie, ho deciso di riprendere l'autonomia dell'MRE per continuare l'impegno per la democrazia e la difesa dei suoi valori fondanti che oggi sono in pericolo.
Ma c'è anche un'altra ragione che mi spinge in questa direzione. Il sistema bipolare (divenuto bipartitico di fatto), così come è stato costruito in Italia, produce solo guasti sistemici; e una endemica inadeguatezza della politica nella sua esigenza di fondo, che è quella di confrontarsi con i problemi del Paese. Sono in molti, nell'uno come nell'altro schieramento, che ne vanno prendendo atto. E allora è venuto il momento di superare questa visione miope e costrittiva della vita politica, di tornare a guardare e a collegarsi con le grandi famiglie politiche della tradizione europea; di ridare identità e ruoli definiti ai partiti che cercano il consenso e si candidano a governare forti di cultura e tradizione democratica.
E' in quest'ottica che continuerò il mio impegno di parlamentare e di dirigente politico. Dal gruppo UDC, SVP, Io SUD, Autonomie darò il mio contributo per costruire e rafforzare una delle grandi famiglie europee, nella quale da sempre mi riconosco, la famiglia della liberaldemocrazia. Il bipolarismo all'italiana ne ha mortificato la presenza, nel centrodestra come nel centrosinistra. Superare lo schema bipolare significa anche creare le condizioni per il superamento del bipartitismo, perché la democrazia liberale possa tornare ad occupare il suo spazio, a vivere ed esistere in autonomia, a lavorare per modernizzare il Paese. E' l'obiettivo per cui lavorerò e noi repubblicani lavoreremo in una presto ritrovata unità repubblicana.
Sen. Luciana Sbarbati
Roma, 28 aprile 2010

lunedì 22 marzo 2010

La Bolla Berlusconi

• Il Times on line contro il premier: "La bolla Berlusconi sta per scoppiare"
"La bolla Berlusconi sta per scoppiare". E' il titolo del lungo commento firmato dall'ex direttore dell'Economist Bill Emmott, che il Times online dedica, in prima pagina, alla situazione politica italiana, affiancato, nella sezione dedicata agli esteri, da un articolo di cronaca sulle elezioni regionali. Emmott ricorda gli scandali dei quali per mesi si sono occupati i giornali, racconti, dice, di "corruzione, sesso, collusione con la mafia, intercettazioni telefoniche", alcuni dei quali hanno coinvolto direttamente Berlusconi che inizialmente ha reagito dicendosi "scioccato" e poi ha fatto ricorso alla "vecchia tattica di fare la vittima", accusando la magistratura di essere comunista. Sabato poi in piazza ha gridato "all you need is love", sperando forse, scrive ancora Emmott con un gioco di parole sul nome dell'ex Beatles, "di avere man forte da Lennon contro i leninisti".
"Una bella opera buffa" - Si può tentare, prosegue l'analista, "di fare come molti italiani che alzano le spalle e dicono che non si può fare nulla" o anche di sostenere che Berlusconi "é il riflesso di ciò che molti italiani vorrebbero essere - ricco, allegro, forte, in grado di portare a letto tutte le starlette che vuole e evitare ogni legge che non gli piace - e dunque resterà sempre popolare. Ma ci sono segnali che l'opera buffa potrebbe essere sul punto di giungere ad un culmine grave".
E indica due finali possibili - Due le ipotesi, che il partito che sostiene il premier si possa dividere e il governo cadere tre anni prima della scadenza, oppure che Berlusconi riesca ad "usare il suo appeal demagogico e il controllo mediatico per sopravvivere e lanciare un nuovo attacco alle istituzioni, che considera nemiche e ostacoli al suo potere: la Corte Costituzionale, il potere giudiziario e la presidenza". Per Emmott Berlusconi "si fa paladino della libertà", ma quella "sua personale". E anche per questo i suoi alleati politici, da Fini a Bossi, "gli staranno al fianco soltanto fin quando conserverà il potere".
22 marzo 2010

mercoledì 10 marzo 2010

POLITICA

Politica
Scontro Berlusconi-La Russa con un giornalista contestatore. Il reporter: denuncio il ministro
Duro scontro, che diventa anche fisico, tra un sedicente giornalista freelance, da un lato, e Silvio Berlusconi e Ignazio La Russa, dall'altro. Durante la conferenza stampa del premier nella sede del partito, Rocco Carlo Magno (questo il nome del freelance) chiede di porre delle domande. Ma il microfono non gli viene consegnato e allora prova direttamente alzando la voce. Berlusconi replica infastidito: "Lei è un maleducato, aspetti il suo turno".
Lo scontro con La Russa - Ma il più determinato è Ignazio La Russa, presente nella sala stampa. Il ministro della Difesa si va a sedere accanto a Carlo Magno, gli intima di tacere, e alla fine lo prende per il bavero provando a trascinarlo con sè, sotto gli occhi delle telecamere che riprendono l'intera scena. A questo punto l'uomo ha iniziato ad accusare il premier e il governo, mentre Berlusconi lasciava la sala, visibilmente irritato. All'uscita, il 'disturbatore' è stato preso di mira dai militanti del Pdl, che manifestavano fuori dal palazzo, diventando l'ultima 'attrazione' di telecamere e giornalisti.
Il giornalista: denuncerò La Russa - "Mi chiamo Rocco Carlomagno e querelerò il ministro Ignazio La Russa per aggressione perché la libertà di stampa si difende anche così". Lo ha detto il giornalista freelance, come lui stesso si è definito, quando finita la conferenza stampa del premier Silvio Berlusconi è stato portato all'esterno della sede del pdl in via dell'Umiltà dalla security del Pdl. Rispondendo a chi gli chiedeva cosa fosse successo ha spiegato: "Quando La Russa si è accorto che volevo fare domande diverse da quelle preconfezionate fatte fino a quel momento ha cercato di chiudermi la bocca, èvenuto subito a sedersi vicino a me per impedirmi di parlare e ha alzato le mani su di me"
10 marzo 2010

martedì 9 marzo 2010

POLITICA

Politica
Regionali: Ciampi: "Assistiamo al massacro delle istituzioni"
Il decreto salva-liste "é solo l'ultimo aberrante episodio di torsione del nostro sistema democratico", in cui si assiste ad "un massacro delle istituzioni". Sono le parole dell'ex Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi che commenta la situazione incandescente derivata dalla bocciatura del Tar del Lazio al decreto del governo.
"E' la conferma che con quel decreto - sottolinea Ciampi - il governo fa ciò che la Costituzione gli vieta, cioè interviene su una materia di competenza delle Regioni". Al punto in cui si è arrivati, secondo Ciampi, occorre difendere il Presidente della Repubblica e non "sparare sul quartier generale", anzi, sarebbe meglio "adoperarsi per proteggere ancora di più la massima istituzione del Paese".
Quanto alle elezioni, per l'ex Capo di Stato, sarebbe stato opportuno un rinvio, "ma per far questo - aggiunge - sarebbe stata necessaria una volontà politica che nella maggioranza è mancata". In primo luogo, per il senatore Ciampi, il governo avrebbe dovuto "riconoscere pubblicamente di avere commesso un grave errore, "chiedendo scusa agli elettori e agli eletti".
Poi, Ciampi ricorda che nel suo settennato ci sono state prove di forza con il premier Berlusconi. "E' successo con la legge Gasparri per le tv, che bocciai e anche con la riforma dell'ordinamento giudiziario. Materie assai scomode e spinose, cui il premier era molto interessato". Ciampi spiega di non aver sempre fatto bene, "perché tutti si sbaglia" ma non ha "mai mollato - aggiunge riferendosi al motto dei fratelli Rosselli - rispetto a ciò che mi dettavano la Costituzione e la mia coscienza".

09 marzo 2010

sabato 6 marzo 2010

CONTRO DECRETO SALVALISTE

Dl salvaliste, Sabato 13 Pd in piazza con tutto centrosinistra
Roma, 6 mar. (Apcom) - Il Pd e il centrosinistra scendono in piazza, già oggi pomeriggio si terranno delle manifestazioni a Roma e a Milano e sabato prossimo nella capitale si terrà una iniziativa nazionale. I democratici, in una nota, spiegano: "Il decreto è un vero e proprio condono, un provvedimento che serve solo a occultare gli errori e le divisioni, a sanare il vero e proprio pasticcio combinato da una destra che pensa di vincere calpestando le regole. Contro il decreto il Pd e l'intero centrosinistra moltiplicheranno le iniziative elettorali per questo fine settimana".
"Le forze del centrosinistra - continua il comunicato - danno appuntamento oggi a Roma, alle 16,30 al Pantheon, a Milano, alle 17 in via Dante, e in altre città italiane e promuovono una manifestazione nazionale a Roma, che si svolgerà sabato prossimo nel pomeriggio. Contro la destra dei sotterfugi e degli imbrogli la parola d'ordine sarà: per vincere, sì alle regole, no ai trucchi".

mercoledì 3 marzo 2010

POLITICA

Politica
Il giallo dell'editoriale fantasma sul Corriere. De Bortoli ribadisce: il rinvio era stato concordato
Resta un mistero la "sparizione" del duro editoriale apparso sul Corriere della Sera di martedì e firmato da Ernesto Galli della Loggia. Lunedì sera era apparso in pagina con il titolo "Il fantasma di un partito", ma all’ultimo momento e senza un'apparente ragione è sparito per far spazio ad un altro editoriale, di Sergio Rizzo, sul disegno di legge anti- corruzione approvato dal governo. Peccato che lo stop deciso dal direttore sia arrivato troppo tardi per fermare la stampa di 17mila copie destinate alle capitali europee e per evitare che apparisse nell'edizione online del Corriere. "Un errore tecnico", avrebbe poi spiegato il direttore Ferruccio de Bortoli per mettere a tacere le polemiche ma soprattutto il sospetto che dietro l'operazione ci sia stata una precisa scelta di censurare un pezzo forse un po' troppo duro nei confronti del Pdl.
Il retroscena - Nei corridoi della redazione si mormorava che un caporedattore avrebbe dato il via libera al “bozzino” prima che il direttore cambiasse idea. Ma perché l’ha cambiata? De Bortoli, nell’incontro con il cdr, ha spiegato che l’edizione di ieri aveva ben tre pagine di cronaca e commenti sui guai del Pdl, e che per questo dedicare alle vicende lombarde e laziali anche un fondo di prima pagina non sarebbe stato equilibrato. Insomma: meglio sostituirlo con un commento di Rizzo sul provvedimento anti-corruzione licenziato dal governo, "sul quale — ha spiegato il direttore — noi abbiamo fatto una campagna di stampa".
L'editoriale "fantasma" è ricomparso oggi - "La plastica si sta squagliando? Sembrerebbe", scrive. "Certo è che coloro che si erano illusi dopo le elezioni del 2008 che il Pdl fosse diventato un partito più o meno vero, qualcosa di più di una lista elettorale, sono costretti ora a ricredersi. Non era qualcosa di più: spesso, troppo spesso, era qualcosa di peggio". Inizia così l'editoriale di Ernesto Galli della Loggia "Il fantasma di un partito", la cui pubblicazione sul Corriere della Sera è slittata appunto ad oggi.
Dura critica al Pdl - Nell'editoriale, Galli della Loggia parla del Pdl come di "una somma di rissosi potentati locali riuniti intorno a figuranti di terz'ordine, rimasuglio delle oligarchie e dei quadri dei partiti di governo della prima Repubblica. E tra loro, mischiati alla rinfusa - specie nel Mezzogiorno, che in questo caso comincia dal Lazio e da Roma - gente dai dubbi precedenti, ragazze troppo avvenenti, figli e nipoti, genti d'ogni risma ma di nessuna capacità".
Della Loggia parla anche di "intrighi" - L'editoriale aggiunge che tra le file del Pdl dalla primavera dell'anno scorso si stanno ordendo "intrighi" "quando non vere e proprie congiure (e dunque non mi riferisco certo - scrive Galli della Loggia - all'azione del presidente Fini, il quale invece si è sempre mosso allo scoperto, parlando ad alta voce)". "La personalità del premier - sottolinea - ha mostrato tutta la sua congenita, insuperabile estraneità all'universo della politica modernamente inteso. E dunque anche alla costruzione di un partito. La politica, infatti, non è vincere le elezioni e poi comandare, come sembra credere il nostro presidente del Consiglio ; è prima avere un'idea, poi certo vincere le elezioni, ma dopo anche convincere un paese e infine avere il gusto e la capacità di governare: tutte cose a cui Berlusconi, invece, non sembra particolarmente interessato e per le quali, forse, un partito non è inutile".
L'analisi conclusiva - "Il potere e la personalità del leader sono state un elemento decisivo nell'impedire che la Destra esprimesse niente altro che Forza Italia e il Pdl", prosegue Galli della Loggia, ma "né l'uno né l'altra esauriscono il problema. Il verificarsi simultaneo della caduta del Muro di Berlino e di Mani pulite ha significato la fine virtuale di tutte le culture politiche che la modernità italiana era riuscita a mettere in campo nel Novecento. E' quindi rimasto un vuoto che il Paese non è riuscito a colmare". Il vuoto, afferma, è più sensibile a destra, e più sensibili ne sono gli effetti negativi, perché lì la storia dell'Italia repubblicana non ha costruito nulla e dunque non ha potuto lasciare alcun deposito; che invece è rimasto solo nel centro-sinistra, erede di un ininterrotto sessantennio di governo del Paese tanto al centro che alla periferia".
De Bortoli ribadisce: si è trattato di un errore tecnico - Nel pubblicare il fondo, de Bortoli torna con un corsivo sull' "errore tecnico" per il quale l'articolo è comparso ieri per qualche ora sul Corriere.it ed è stato inviato alle rassegne stampa notturne, sottolinea che "il rinvio era stato concordato con l'autore" e, assumendosi la responsabilità di quanto accaduto, si scusa con i lettori. Resta il sospetto.

03 marzo 2010

Regali e Oboli

REGALI E OBOLI
Sicuramente l’operazione “scudo fiscale” è stata gestita da un punto di vista mediatico con grande abilità anche grazie al sollecito sostegno di Rai e Mediaset che hanno riferito acriticamente i comunicati stampa del ministro Tremonti.
Il cosiddetto “scudo fiscale” permette il rimpatrio o la regolarizzazione delle attività finanziarie e patrimoniali detenute all’estero illegalmente cioè senza aver rispettato gli obblighi di comunicazione dei capitali trasferiti o comunque detenuti all’estero e di dichiarazione dei relativi redditi. Gli EVASORI che usufruiranno dello scudo potranno legalizzare questi capitali pagando un’imposta una tantum pari al 5% del loro ammontare. Cos’ ha guadagnato chi ha violato la legge rispetto al cittadino onesto? Non ha pagato l’imposta sui redditi di capitale per tutto il tempo in cui esso ha reso redditi all’estero e paga solo il MINIMO della sanzione che avrebbe dovuto pagare nel caso in cui la violazione fosse stata scoperta che è compresa tra il 5 e 25%. Questo è già un bel PREMIO ma per comprendere davvero i vantaggi occorre anche chiedersi da dove proviene quel capitale.
In genere il capitale portato ILLEGALMENTE all’estero non deriva da redditi su cui sono state pagate le imposte ma è frutto di EVASIONE. Chi ha nascosto al fisco ad es. 100 milioni di euro non ha timore di pagare l’obolo del 5% ma teme che il fisco si insospettisca e voglia capire come aveva ottenuto tutto quel danaro e gli chieda conto delle imposte evase : irpef, irap, iva a cui andrebbero aggiunti gli interessi e le sanzioni, per importi che potrebbero superare il 50% della somma evasa.
Lo scudo nostrano evita tutto ciò e lo rende diverso da quello di paesi come Gran Bretagna e USA in cui si richiede a coloro che vogliono legalizzare i capitali esportati di PAGARE TUTTE LE IMPOSTE EVASE negli anni precedenti. In Italia inoltre le dichiarazioni di emersione avvengono in forma ANONIMA e non possono essere utilizzate contro il contribuente nè in sede amministrativa, né in sede giudiziaria per gli aspetti civili, amministrativi e tributari.
La destra,ha proprio voluto tutelare al massimo chi ha violato la legge e poiché l’evasione ha anche possibili risvolti penali ha estinto anche i reati che per la loro gravità potrebbero essere puniti con pene fino a sei anni di reclusione. Il capitale frutto di attività della criminalità organizzata (es. spaccio di droga, finanziamento del terrorismo, traffico d’armi etc.) è spesso detenuto all’estero illegalmente perciò queste organizzazioni potrebbero approfittare dello scudo per riciclare questo denaro, grazie alla segretezza garantita,e non avrebbero difficoltà perché le operazioni di regolarizzazione e di rimpatrio non comportano l’obbligo di segnalazione di operazioni sospette in materia di antiriciclaggio da parte degli intermediari (banche) e professionisti che ricevono la dichiarazione anonima.
I capitali illegalmente esportati non necessariamente torneranno in Italia, solo quelli presso i“paradisi fiscali”, perché in tutti gli altri casi una volta regolarizzati potranno rimanere dove sono. Il gettito raccolto è una tantum e non potrà dunque andare a finanziare riduzioni strutturali d’imposta o maggiori spese pubbliche.
Un trionfalistico comunicato del Ministero delle Finanze parla dello “straordinario successo, segno della fiducia nell’Italia” ma non presenta lo scudo come un successo dal punto di vista del gettito. Non si vuole ricordare che si è fatto ricorso all’ennesimo CONDONO FISCALE perdonando anche reati gravi pur di ottenere soldi con cui tentare di sostenere le finanze pubbliche.
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