giovedì 20 maggio 2010

ddl intercettazioni

Ddl intercettazioni: via l'emendamento che raddoppia le pene ai giornalisti. Sky annuncia ricorso alla Corte Ue
Passo indietro del Pdl sulle pene previste dal ddl intercettazioni: "Vengo da una riunione con il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, e Niccolò Ghedini nella quale, ovviamente con l'accordo del presidente Berlusconi si è deciso di ritirare l'emendamento 1.2008 del relatore che prevede un raddoppio delle pene per i giornalisti che pubblicano arbitrariamente atti di un procedimento penale". Lo ha detto il relatore del provvedimento sulle intercettazioni, Roberto Centaro, confermando a Sky Tg24 l'orientamento emerso nella giornata di ieri in commissione. Lunedì riprenderà il dibattito sul ddl in commissione al Senato.
Via il raddoppio della pena - Dopo la minaccia di uno sciopero dei giornalisti e le annunciate proteste del popolo della Rete e di varie associazioni di consumatori, la giornata politica odierna registra la retromarcia del governo e della maggioranza su uno degli emendamenti più contestati. . Si tratta di una modifica al testo del ddl che, rispetto a quello varato dalla Camera, prevedeva per i giornalisti in caso di pubblicazione di atti vietati l'arresto fino a due mesi o il pagamento di un'ammenda dai 2.000 ai 10.000 euro. Qualora fossero pubblicate delle intercettazioni, la condanna prevista era sempre l'arresto fino a due mesi, ma con l'aggiunta di una ammenda dai 4.000 ai 20.000 euro. Stesse pene anche per chi pubblicava la foto o il nome del magistrato titolare del procedimento.
Casson (Pd): rimane l’arresto - "Se verrà confermata questa indicazione si può parlare di un primo passo importante che pero non risolve il problema" perché ad esempio, la sanzione dell'arresto rimane e spero che maggioranza e governo condividano la necessità di eliminarla". Il vicepresidente dei senatori del Pd, Felice Casson, ospite di Sky Tg24 pomeriggio, commenta l'annuncio del relatore Roberto Centaro (Pdl), anche lui ospite del programma, della volontà di ritirare l'emendamento che introduce sanzioni contro i giornalisti nel ddl intercettazioni.
De Magistris: resta solo la piazza pacifica - "L'unica posizione di buon senso in merito al ddl intercettazioni è quella che ne chiede la soppressione. Qualsiasi miglioramento, effettivo o presunto, non servirà a rendere questo provvedimento meno funesto per la lotta alla criminalità oltre che per l'informazione". Lo afferma in una nota Luigi de Magistris, eurodeputato IdV spiegando che "se per fermare il Governo non bastano l'opposizione politica e gli appelli della magistratura e del mondo della comunicazione, allora l'unica possibilità è che la società civile scenda pacificamente in piazza, come farà domani davanti a Montecitorio, per ostacolare la deriva criminogena di questo carrozzone che siede a Palazzo Chigi e che, con sfrontatezza, qualcuno ancora osa considerare un esecutivo democratico".
Sky: "Ricorreremo a tutte le autorità Ue" - Sky Italia chiederà un intervento a tutte le Autorità internazionali competenti, anche ricorrendo presso la Corte europea dei diritti dell'Uomo contro il disegno di legge sulle intercettazioni che "accoglie con grande preoccupazione". Per Sky queste norme "rappresentano un grave attacco alla libertà di stampa e di espressione, ma soprattutto costituirebbero una grande anomalia a livello europeo".
No al bavaglio: il popolo Rete torna in piazza - L’idea di un mese di galera anziché due non piace a chi ha sempre contestato l’essenza censoria della norma. No “alla riforma delle intercettazioni che mette il bavaglio alla stampa e le manette alla magistratura licenziata dalla Commissione Giustizia del Senato''. Il “popolo delle rete” torna in piazza con sit-in e speakers corner contro le nuove norme sulle intercettazioni, all'esame del Senato. L'appuntamento è per venderdì dalle 14 davanti a Montecitorio: "I cittadini italiani non vogliono la censura che scaturirebbe da questa norma. Parmalat, i fatti di Genova e tante altre inchieste esplose in questi anni sarebbero passate senza nessuna informazione se il ddl intercettazioni fosse già stato in vigore", denunciano gli organizzatori "Ma soprattutto per noi - popolo della rete - con le nuove norme verrebbe di fatto impedito di diffondere le libere informazioni come facciamo da quando abbiamo scoperto che il web é anche uno spazio di libera circolazione delle notizie".
Le firme all’appello - All'appello contro la "legge bavaglio" sulle intercettazioni hanno già aderito quasi 120.000 persone, gruppi, sindacati e associazioni e hanno dato il loro sostegno i costituzionalisti Valerio Onida, Gaetano Azzariti, Lorenza Carlassare, Mario Dogliani, i giornalisti Marco Travaglio, Peter Gomez, editori come Giuseppe Laterza e Lorenzo Fazio di Chiarelettere, le associazioni Articolo 21, Free Hardware Foundation, Il Popolo Viola, Valigia Blu, Festival Internazionale del Giornalismo, i sindacati Usigrai, Unione degli Studenti, e poi Current Tv, Wikimedia Italia, Boicotta il Biscione e tantissimi altri.
"Sfiducia nella magistratura" - "Il ddl sulle intercettazioni è una limitazione pesantissima che rivela tutta la sfiducia nell'operato della magistratura". Lo sostiene Rita Sanlorenzo, segretario di Magistratura Democratica, la corrente di sinistra delle toghe. Sanlorenzo fa notare che "dubbi di costituzionalità sul provvedimento sono stati sollevati da giuristi autorevoli e osservatori attenti ed imparziali". E si dice convinta che "il capo dello Stato saprà far tesoro di queste osservazioni. Però sarebbe bene - aggiunge - che anche chi promulga prestasse attenzione a questi rilievi, perché così si delegittima la funzione legislativa". La leader di Md sottolinea che le intercettazioni sono "uno strumento irrinunciabile" per la magistratura: "limitiamolo diversamente - è il suo auspicio - ma non ponendolo al di fuori dell'agibilità di chi vuole accertare la verità". Il giudizio è negativo anche sulle norme che colpiscono l'informazione
20 maggio 2010

mercoledì 19 maggio 2010

Mazzini vs Craxi

Craxi al posto di Mazzini
Il re degli artisti provocatori e burloni ha colpito ancora. Lo scultore famoso per le sue provocazioni è riuscito oltre-misura nell’intento che si era prefisso: sfidare, far dibattere, far parlare di sé, creare un evento.
La provocazione è riuscita oltremisura perché sostituire il Mazzini di Carrara ha significati che su-perano l’aspetto artistico e intaccano l’essenza della storia di Carrara, quella recente e quella meno recente.
Nel ‘900 per 32 anni Carrara ha avuto sindaci repubblicani. I motti “anarchici” del 1894 vedono il 90% degli arrestati dichiararsi repubblicani. La “Giovine Italia” e lo spirito repubblicano erano già ben presente da noi prima dell’avvento del regno d’Italia. Nella storia di ogni famiglia di Carrara qualche figura di riferimento repubblicana è sempre presente.
Detto questo quindi Maurizio Cattelan chissà come si compiace del putiferio che ha scatenato, ma Carrara non può rinunciare alla propria storia solo per fare ancora più grande la fama di un artista. Oltretutto la provocazione dimentica completamente il territorio in cui si inserisce la sua opera. Chi dovesse venire a Carrara e vede la statua di Craxi se non ha seguito la polemica e se non conosce Carrara come fa a cogliere la provocazione. L’unica strada che l’Amministrazione comunale può percorrere per non incappare in una sollevazione popolare e sicuramente di tutti repubblicani di Carrara è di chiedere all’artista di ricollocare la sua opera. Da parte nostra, e in questo abbiamo già colto l’adesione dell’IdV, durante tutta la Biennale, nel festeggiare i 150 anni dell’Unità di Italia, proporremo una serie di dibattiti con la cittadinanza dai quali emerga lo sproposito dell’accostamento tra le due figure diametralmente opposte, soprattutto per il loro stile di vita e per il ruolo che hanno avuto nel nostro Paese. Mazzini ha posto le basi sin dal 1849 dell’impianto costi-tuzionale e repubblicano dell’Italia; quelle basi che la politica del malaffare legata a Craxi e al cra-xismo ha iniziato a destrutturare. Mazzini ha basato la sua vita e il suo impegno politico su valori fondamentali ai quali non è mai venuto meno; Craxi, partendo da valori in parte giusti, ha poi svuo-tato nei contenuti e nelle applicazioni pratiche quegli stessi valori. Mazzini, l’ideatore dell’unità d’Italia, d’Europa, del mondo, è sempre stato fermo e convinto sostenitore della Nazione “unica e indivisibile”; Craxi portando lo Stato alla sua crisi amministrativa e morale ha posto le premesse per la nascita di movimenti separatisti e localisti e sempre più disinteressati ai valori fondanti “il luogo dove nessun cittadino possa sentirsi straniero, la Patria”. Il pensiero mazziniano è tuttora attuale, studiato e insegnato all’estero più che in Italia. Il Craxismo rappresenta una esperienza completa-mente fallimentare e tipicamente italiana.
O l’Amministrazione di Carrara saprà dare risposta alla mancata sensibilità, o i Repubblicani Euro-pei, loro malgrado saranno costretti a prendere conseguenti decisioni.
Giorgio Giorgi
Segretario Toscano MRE

martedì 4 maggio 2010

DICHIARAZIONE sen. L. SBARBATI

SBARBATI (MRE) ESCE DAL GRUPPO DEL PD E ADERISCE AL misto UDC, SVP, IO SUD E AUTONOMIE NON PER ENTRARE COME ERRONEAMENTE SCRITTO DA QUALCHE GIORNALE E SUPERFICIALMENTE DICHIARATO DA ALCUNI ESPONENTI POLITICI, NELL'UDC, MA PER PER RECUPERARE LA SUA SOGGETTIVITA' POLITICA E LAVORARE PER LA DIFESA DELLA LIBERALDEMOCRAZIA E LA RICOMPOSIZIONE DELLA DIASPORA REPUBBLICANA, IN UN GRUPPO COMPOSITO QUAL E' QUELLO SOPRA CITATO E CHE FRA BREVE SI CHIAMERA' UDC, SVP, IO SUD, AUTONOMIE E MRE

Signor Presidente, Onorevoli Colleghi,
dopo una lunga riflessione - e un travaglio politico e personale - ho deciso di lasciare il gruppo del Partito Democratico e di iscrivermi al gruppo UDC, SVP, Io SUD, Autonomie. Questa mia decisione è stata condivisa e supportata all'unanimità dagli organi del Movimento Repubblicani Europei che ho qui l'onore di rappresentare.
La scelta del gruppo UDC, SVP, Io SUD, Autonomie non modifica la mia collocazione di schieramento, che è di ferma opposizione nei confronti di questo Governo, ma intende privilegiare - come è nella tradizione dei Repubblicani - le questioni di contenuto, e quindi valutare autonomamente nel merito e nei fatti concreti quale debba essere il giudizio sui provvedimenti che il Senato sarà chiamato a discutere.
La decisione di lasciare il gruppo del Partito Democratico viene da lontano. Nel corso di questi anni è apparso sempre più chiaro che il PD che ha voluto escludere dall'atto fondativo la componente laica repubblicana, si è risolto nell'incontro di vertice tra un'area del mondo cattolico e la vecchia tradizione marxista.
La tenaglia tra ex DS ed ex DL esclude proprio quelle culture e quella visone politica che si riassumono nella democrazia liberale e che sono alla base delle moderne società occidentali. In queste condizioni, e dopo tante e sofferte battaglie, ho deciso di riprendere l'autonomia dell'MRE per continuare l'impegno per la democrazia e la difesa dei suoi valori fondanti che oggi sono in pericolo.
Ma c'è anche un'altra ragione che mi spinge in questa direzione. Il sistema bipolare (divenuto bipartitico di fatto), così come è stato costruito in Italia, produce solo guasti sistemici; e una endemica inadeguatezza della politica nella sua esigenza di fondo, che è quella di confrontarsi con i problemi del Paese. Sono in molti, nell'uno come nell'altro schieramento, che ne vanno prendendo atto. E allora è venuto il momento di superare questa visione miope e costrittiva della vita politica, di tornare a guardare e a collegarsi con le grandi famiglie politiche della tradizione europea; di ridare identità e ruoli definiti ai partiti che cercano il consenso e si candidano a governare forti di cultura e tradizione democratica.
E' in quest'ottica che continuerò il mio impegno di parlamentare e di dirigente politico. Dal gruppo UDC, SVP, Io SUD, Autonomie darò il mio contributo per costruire e rafforzare una delle grandi famiglie europee, nella quale da sempre mi riconosco, la famiglia della liberaldemocrazia. Il bipolarismo all'italiana ne ha mortificato la presenza, nel centrodestra come nel centrosinistra. Superare lo schema bipolare significa anche creare le condizioni per il superamento del bipartitismo, perché la democrazia liberale possa tornare ad occupare il suo spazio, a vivere ed esistere in autonomia, a lavorare per modernizzare il Paese. E' l'obiettivo per cui lavorerò e noi repubblicani lavoreremo in una presto ritrovata unità repubblicana.
Sen. Luciana Sbarbati
Roma, 28 aprile 2010